Altra tappa imperdibile durante il Tour nelle Marche in compagnia dell’Agivi – l’Associazione dei Giovani imprenditori Vinicoli Italiani – è stata l’azienda Vinicola Umani Ronchi.
Con i suoi 100 ettari di Vigneti nel Verdicchio ed i 78 nell’area del Rosso Conero, Umani Ronchi rappresenta da sempre uno dei player di riferimento della produzione vinicola marchigiana.
Nasce a Cupramontana nel 1950, fondata da Gino Umani Ronchi e ceduta nel 1960 alla famiglia Bernetti, tutt’oggi proprietaria.
Grazie a questa famiglia compatta, lungimirante ed affidabile, la Cantina ha sempre seguito un percorso costante di serietà e sviluppo, volto ad esprimere le eccellenze della sua terra ed a valorizzare i suoi prodotti in giro per il Mondo, con un attenzione particolare alle esigenze di mercato che gli ha permesso di essere sempre al passo con i tempi. Focalizzata in gran parte sul vitigno Verdicchio, la Cantina è riuscita però a raggiungere altissimi livelli anche grazie ad importanti rossi aziendali, in particolare grazie al Pelago, un IGT Rosso, che negli anni 90 gli diede fama internazionale vincendo l’allora ambitissimo primo premio dell’International Wine Challenge di Londra. La loro bravura è stata anche nell’affiancarsi sempre a bravissimi consulenti, Tachis negli anni 90, poi sostituito dal 2001 da Beppe Caviola. Due grandi Enologi di fama internazionale che, insieme alla famiglia, hanno seguito alla perfezione i loro vini, riuscendo a rispettarne la personalità, lo stile e l’eleganza nelle loro varie espressioni.
Ultimo nato in azienda proprio da questa collaborazione, è di nuovo un grande rosso, che questa volta può vantarsi della Doc del Conero, Il Campo San Giorgio. La zona del Conero è più Settentrionale rispetto alle zone dedicate al vitigno Montepulciano, quindi l’uva fatica di più, specie nelle annate fresche, ad arrivare alla giusta maturazione, dall’altro lato però, acquisisce più freschezza ed eleganza, specialmente a ridosso del Monte Conero – da qui la creazione della Doc – dove si crea una brezza particolare che rende il microclima favorevole allo sviluppo del Montepulciano. Il Campo San Giorgio nasce però da un vigneto sperimentale, di 2 ettari, il più giovane, piantato nel 2000 che ha una densità di ben 8.000 ceppi per ettaro per creare grande concentrazione, ed un metodo di impianto inusuale nelle Marche, tipo alberello, con una vicinanza ravvicinata al terreno per ricevere maggior calore.
La prima annata è il 2009, uscita in commercio nel 2014, e l’etichetta ne riprende una originaria del 1968 che ritraeva il classico paesaggio con vigneto e paesino sullo sfondo. Assaggio il 2010, e resto affascinata dal naso estremamente accattivante, intrigante, elegantissimo. Si ritrova un bel balsamico, con un frutto di mora ed amarena avvolte da piacevoli spezie. Lo stesso frutto ritorna in bocca, dove il tannino, ancora un poco giovane, è ben domato. Un vino che mi colpisce più di tutti. Riesce ad essere sensuale ed austero al tempo stesso, entusiasmante ed avvolgente.
Ma anche l’assaggio complessivo dei suoi vini è stato piacevolissimo. I suoi bianchi sono una rassicurante certezza ed esprimono le 3 grandi sfaccettature del Verdicchio: La grande freschezza racchiusa nel Casal di Serra 2014, l’Intensità del Vecchie Vigne 2013 e la Complessità del Plenio 2012.
È Michele Bernetti, che già da anni affianca il padre Massimo nella conduzione dell’azienda, ad illustrare i vigneti, a raccontare le caratteristiche ed i segreti dei suoi prodotti e della nuova Cantina di Osimo. Scavata all’interno di una collina, la Bottaia, di circa 500 mq racchiude 500 barriques dedicate alle selezione ed alle riserve ed è un vero e proprio progetto architettonico mirato a favorire la fusione quasi spontanea tra natura ed elementi funzionali. Come ci spiega Michele:
“Tutti i materiali utilizzati sono stati scelti con lo scopo di creare le migliori condizioni microclimatiche per la conservazione e l’affinamento dei vini in legno: le pareti interne, fatte di mattoni e ghiaia, riescono a contrastare eventuali scompensi igrometrici e a creare una vera e propria “macchina di compensazione” dell’umidità. La parete metallica che riveste la facciata esterna, ha la funzione di proteggere l’ambiente dai raggi del sole. Infine, per consentire la circolazione e il ricambio dell’aria è stato implementato un sistema di canali che agisce secondo il principio dell’effetto camino. Un progetto importante, per una cantina modello ispirata a valori “sostenibili”.”
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