Articolo a cura di Saula Giusto
Orvieto ha tanti pregi e per chi abita a Roma uno dei migliori è di essere raggiungibile in circa un’ora e mezza di autostrada, oltre che di godere di un ottimo servizio ferroviario.
Per questo indubbio appeal, ho accettato con molto piacere di partecipare ad un press tour organizzato dalla mia cara amica e collega Cristiana Curri, che spesso mi coinvolge in iniziative interessanti e che mi arricchiscono sempre, oltre che a garantirmi l’ottima compagnia sua e di colleghi di comprovata simpatia.
Cristiana ci ha, ovviamente, organizzato un tour coi fiocchi, sotto il segno non solo della valorizzazione e comunicazione di ciò che Orvieto può offrire a livello enogastronomico, ma anche proponendoci una giornata divertente e goliardica, nel corso della quale abbiamo goduto del calore dell’ospitalità orvietana, oltre che degli ottimi vini e cibi degustati.
Il primo ‘approdo’ di pregio ad Orvieto è stato la visita presso la bellissima tenuta di Decugnano dei Barbi che, oltre alla produzione di vino storica nel territorio, può anche offrire ai viaggiatori un’esperienza di enoturismo di lusso presso Villa Barbi, con l’obiettivo di puntare sempre più sull’esclusività del servizio. Chi prenota Villa Barbi, avrà a disposizione solo per sé una “dimora di charme“, dotata di 4 suite e una camera doppia, nonché di uno staff al completo (chef, cameriere, governante, giardiniere), che potrà esaudire ogni desiderio del cliente. Si può scegliere di soggiornare anche presso un altro edificio elegante, in cui sono presenti poche camere curate, e fruire di due belle piscine, all’insegna dell’esclusività e sempre godendo del bellissimo panorama.
Siamo stati accolti da Maurizio Talanti, il gentilissimo responsabile dell’accoglienza, che ci ha accompagnato con diligenza per tutta la durata della visita, raccontandoci esaustivamente Decugnano dei Barbi e rispondendo, con tanta pazienza, a tutte le nostre domande (soprattutto alle mie che ne ‘sparo’ a mitraglia, quando visito una cantina, un po’ perché non sono mai paga di conoscenza, quando si parla di vino, un po’ perché nata proprio curiosa!).
Decugnano dei Barbi è una delle cantine più importanti, storiche e classiche dell’orvietano. Le vigne si adagiano su terreni di grande vocazione: sono costituiti da fondali oceanici di epoca pliocenica, composti da sabbie, argille limacciose, fossili di conchiglie e ostriche, che regalano ai vini caratteristiche di mineralità marina molto peculiari.
Anche la situazione pedoclimatica è ottima: l’altitudine di oltre 300 metri s.l.m la giusta ventilazione, una significativa escursione termica e una perfetta esposizione solare, garantiscono una produzione di uve sane, mature e di grande qualità.
L’origine del nome Decugnano è antica e oscura, ma già nel 1212 in questa tenuta si produceva vino per il clero di Orvieto, poiché le terre appartenevano alla chiesa di Santa Maria di Decugnano.
Venendo alla storia contemporanea della cantina, il nonno dell’attuale proprietario Enzo Barbi, aveva una cantina a Brescia tra la fine anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 e comprava in giro per l’Italia vino, che poi imbottigliava e vendeva con la propria etichetta. Tra l’altro, acquistava molto vino di Orvieto, facendosi accompagnare anche dal figlio Claudio. Proprio quest’ultimo, desideroso di produrre in proprio, a partire dalla vigna, convinse il padre ad acquistare terra e, giunto a Decugnano, assieme al padre ebbe un colpo di fulmine per la bellezza del luogo e per la grande qualità dei vini prodotti (indicati tra le migliori produzioni della denominazione). Nel ’73 acquistarono la tenuta e nel 1978 il vino di Decugnano dei Barbi venne per la prima volta imbottigliato; il successo fu immediato.
Venendo ad oggi, Enzo Barbi dal 2008 lavora con suo padre Claudio; assieme condividono la stessa passione per il vino e la produzione complessiva dell’azienda è cresciuta in maniera esponenziale, grazie anche alla collaborazione e supervisione dell’enologo Riccardo Cotarella, da superare quasi le 150.000 bottiglie l’anno.
La filosofia aziendale è volta a raggiungere i migliori standard qualitativi, sempre nel rispetto di un terroir unico e prezioso: dalla selezione dei migliori vitigni, al controllo delle rese, alla raccolta di uve sane giunte al perfetto grado di maturazione. Il rispetto della natura è l’altra componente distintiva della produzione: sono categoricamente banditi gli insetticidi e qualsiasi forma di diserbo chimico.
Grande nota di merito di Decugnano dei Barbi è l’introduzione per primi, nell’orvietano, di due importanti metodi produttivi che hanno avuto tanto successo: il primo Metodo Classico umbro e il primo vino da muffa nobile.
Il Metodo Classico deriva da una sperimentazione dei primi anni dell’azienda, quando Claudio Barbi nel ‘78 provò a spumantizzare l’Orvieto Classico (da buon bresciano, nato e cresciuto in Franciacorta), iniziando con il trebbiano, a cui venne assemblato poco dopo lo chardonnay, fino ad arrivare, 2009 all’introduzione del pinot nero a totale sostituzione del trebbiano.
Per quanto riguarda la produzione del primo muffato, sempre Claudio, lavorando la vigna assieme ai suoi collaboratori, si accorse che c’era una botrytis cinerea molto consistente sui grappoli e, memore di un proficuo recente viaggio a Sauternes, decise di produrne un vino; nel ‘81 lo mise in vendita, chiamandolo Pourriture
Dopo averci raccontato dell’azienda, Maurizio Talanti ci ha condotti presso le profonde grotte tufacee, in cui vengono serbate le purpitre: le rastrelliere in cui si sta creando il metodo classico, immerse in un’atmosfera fuori dal tempo, dalle luci soffuse, in cui le bottiglie inclinate creano suggestivi bagliori, mentre fanno lentamente il loro lavoro per la presa di spuma.
Maurizio ci ha poi accompagnati presso una graziosa chiesetta sconsacrata, arredata con eleganti quadri e mobili antichi e con tavoli e calici, pronti per le degustazioni offerte dall’azienda.
I miei personali appunti di degustazione:
Metodo Classico Brut 2016
Uve: Chardonnay 50%, Pinot Nero 50%. Vinificazione: pressatura molto soffice dell’uva, preventivamente raffreddata. Fermentazione In acciaio inox, alla temperatura di 16°-18° C per 16 giorni. Rifermentazione in bottiglia, con permanenza per 48 mesi sui lieviti. Affinamento successivo alla sboccatura per almeno 3 mesi.
Giallo paglierino brillante con riflessi verdolini, consistente e dal perlage fine. Al naso si presenta con un mazzolino di roselline bianche fresche e secche, a cui viene aggiunta la salvia ed una leggera menta, poi la mela acerba, il cedro fresco ed un finale di cereale e fieno. La beva è fresca e sapida, abbastanza cremosa, rispondente e dalla buona persistenza, che lascia un palato pulito che sa di cedro.
Orvieto Classico Superiore Mare Antico 2017
Uve: 55% Grechetto, 25% Procanico, 20% Vermentino. Le diverse varietà vengono raccolte a perfetta maturazione e di conseguenza vinificate separatamente. Lo chardonnay matura poi in barrique per 6 mesi prima di venire assemblato.
Giallo dorato poco carico, brillante e dai riflessi verdolini. Naso curioso, timido, ma decisamente interessante: inizialmente cinereo, di polvere da sparo, seguito da erbe mediterranee delicate, salvia e camomilla, poi bergamotto e cedro, su un finale di pino silvestre. Al palato ti prende in contropiede un Vermentino preponderante, che invade il palato di erbe mediterranee e frutta secca, in un sorso fresco e sapido, quasi saporito ed un bel finale lungo e pulito.
Umbria Rosso A.D. 1212 2016
Uve: Syrah 65%, Cabernet Sauvignon 20%, Montepulciano 15%. Vinificazione in acciaio; affinamento in barrique francesi per 1/3 del vino per 12 mesi.
La bottiglia presenta un’etichetta molto particolare, che ho trovato bella ed ipnotica. Al naso di nuovo un ‘effetto sorpresa’: si ha l’impressione di entrare in chiesa e respirare incenso ed acqua di rosa, a cui succede una bella macedonia di frutti di bosco, soprattutto mirtillo fresco, poi radice di liquirizia e grafite. Al palato è estremamente fresco, dal tannino serico ben presente, dalla liquirizia che ritorna e dalla sapidità ben marcata. Lungo e pulito, è ancora un po’ giovane e scalpitante.
Abbiamo ringraziato il gentilissimo Maurizio e salutato Decugnano, per dirigerci, sempre guidati dalla nostra ‘condottiera gastronoma’ Cristiana, al ristorante Al Mercato Hosteria, in via Del Duomo 25, ad Orvieto.
Ci ha accolti il titolare del locale, Luca Puzzuoli, grande gastronomo, appassionato di buona cucina e di prodotti e materia prima d’eccellenza. Luca è una persona molto accogliente e simpatica, che ti mette subito a tuo agio. Si è sempre occupato di gastronomia di alto livello e ha sempre creato eventi noti in tutta Italia (uno su tutti il famoso “Risate e Risotti”, giunto all’undicesima edizione).
Dopo tanta esperienza culinaria e gastronomica di altissima qualità, non poteva non creare nel centro d’Orvieto un ristorante d’eccellenza!
Al Mercato è, inoltre, un locale raffinato ed elegante, dagli arredi e le atmosfere contemporanee e di design, ma estremamente caldo ed accogliente, connubio non facile da realizzare. Ho trovato, in particolare, molto belli e interessanti gli oggetti esposti, i grandi specchi e le fonti di luce.
Luca ci ha offerto un’esperienza culinaria memorabile: un pasto ottimo ed infinito dalle mille e una portata, degno di un re (anzi di un re, una regina e tutta una corte intera), degnamente abbinato ai vini di Decugnano dei Barbi, ovviamente!
Siamo stati accolti con una selezione incredibile di antipasti, a base di salumi del norcino orvietano Andrea Oreto, presente in sala: crostini con salsiccia, cime di rapa ripassate, patè di fegatini arrosto con alloro e finocchietto. A far da degna spalla a cotanti prodotti, sono stati serviti i magnifici formaggi caprini e pecorini del viterbese Tonino Pira…semplicemente da standing ovation.
A seguire ci è stato proposto il menù creato a cura del giovane chef sardo Stefano Seba Salaris: un caledioscopio di colori, profumi e sapori che non finiva più e che mi ha lasciata a bocca aperta: siamo partiti con il Tris del territorio (fagioli all’uccelletta, trippa in umido – che ho trovato eccellente! – e coratella), la Crema cotta di pecorino, riduzione di Porto, pere caramellate e mandorle tostate, il Flan di cime di rape, con castagne candite ed in purè. Per i primi piatti: Tagliatelle al ragù di cinghiale, poi Ravioli fatti in casa, ripieni di ricotta di bufala e spinaci, con tartufo nero. Per i secondi ci sono stati proposti due piatti della tradizione da leccarsi i baffi: il Baccalà all’orvietana e il Coniglio a porchetta.
- Fagioli all’uccelletta
- Trippa in umido
- Coratella
- Flan di cime di rape, con castagne candite ed in purè
- Crema cotta di pecorino, riduzione di Porto, pere caramellate e mandorle tostate
- Ravioli fatti in casa, ripieni di ricotta di bufala e spinaci, con tartufo nero
- Tagliatelle al ragù di cinghiale
- Baccalà all’orvietana
- Coniglio a porchetta
Visto che non eravamo abbastanza sazi (!!!), abbiamo chiuso con fuochi d’artificio: un cremoso al cioccolato in coppa godurioso, una torta di mele buonissima, tozzetti alle mandorle e un Roscetto in purezza passito di Famiglia Cotarella davvero interessante, il Passiò 2017.
- Cremoso al cioccolato
- Torta di mele
- Tozzetti alle mandorle
Questo vino viene prodotto con uve 100% Trebbiano giallo , che trova nella provincia di Viterbo e Montefiascone, il suo terreno d’elezione (dove viene chiamato, appunto, Roscetto a causa del colore “ quasi rosso” che prende la buccia dell’acino una volta maturo); è parte integrante, insieme al Trebbiano toscano ed alla Malvasia puntinata, della DOC più rappresentativa della zona : l’Est Est Est di Montefiascone (nella quale è previsto in una percentuale che va dal 25 al 40 %) .
Al naso regala una bella ventata di frutta secca, dattero, albicocca e fico, belle note di rosmarino e miele ed uno sbuffo balsamico. Al palato la dolcezza contenuta e la buona freschezza rendono la bevuta gradevole ed equilibrata, ma quello che colpisce è la trama tannica e la grande sapidità: la prima data da una iniziale criomacerazione delle bucce dalla forte capacità estrattiva; la seconda data dai vocati terreni vulcanici della zona. Perfetto con i dolci serviti.
Tutti i commensali hanno protestato, ovviamente, alla vista dei dessert, poiché non sarebbero riusciti ad ingerire uno spillo in più, ma tutto è stato diligentemente spazzolato, altrettanto ovviamente.
Bellissima giornata, ottima compagnia, splendidi vini e un pranzo di cui mi sono rimasti i sapori impressi…insomma visitare Orvieto in un giorno vale molto la pena, vero?
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